BARI – D.P.P.

luogo
Bari
Progetto
BARI – D.P.P.
Anno
2010
Tipologia
0804 - disegno urbano/piani urbanistici
committente
Comune di Bari
team

G. Nigro, F. Cellini, F. Nigro, Mauro Sàito

consulenti

F.  Calace, A. Greco, S. Ciurnelli, S. Stanghellini, P. Rigoni, R. Carella, G. Mathis

 

collaboratori

B. Bondesan, A. Marvulli, P. Pirro, M. Liuzzi, A. Spada, C. Angelastro, M. De gaetano

stato
Concluso/ approvato in DCC n. 75 del 13 ottobre 2011
Descrizione

IL NUOVO REALISMO DEL D.P.P. (cfr pag.283 di “Bari futura- il Documento Programmatico Preliminare per il nuovo Piano Urbanistico Generale, Adda editore 2013)

La pubblicazione del DPP – Documento Programmatico Preliminare per il Piano Urbanistico Generale – di Bari, del lavoro coordinato da Gianluigi Nigro (in raggruppamento con Francesco Nigro, Francesco Cellini, Mauro Sàito) testimonia la volontà della Amministrazione Comunale guidata da Michele Emiliano di divulgare la nuova stagione culturale e politica di attenta lettura e di programmato sviluppo delle risorse territoriali, iniziata con la redazione del DPP, approvato dal Consiglio Comunale nell’ottobre 2011, e finalizzata a restituire a Bari il rango che compete a questa città in Italia e nel Mediterraneo.

Nigro si occupa di Bari, dal 2008 al 2010, insieme ai colleghi del raggruppamento e a vari consulenti specialistici, tra cui Francesca Calace, Stefano Ciurnelli, Paolo Rigoni, Stefano Stanghellini, Antonio Greco e molti giovani urbanisti locali. La composizione del gruppo del DPP è folta ed articolata per due ragioni. La prima ragione risponde ad un evidente requisito di qualificazione culturale e professionale del bando pubblico della Amministrazione Comunale. Il RUP (arch. Annamaria Curcuruto) ha precisato essere necessari curricula che dimostrino una doppia capacità di progettazione sia urbanistica che urbana/architettonica. La seconda ragione dipende soprattutto dalla strategia che Nigro mette in atto per affrontare un tema complesso, come quello dell’aggiornamento del Piano di Ludovico Quaroni, autore del vigente PRG (1965- 76) e che ha voluto realizzare alla guida di un gruppo di progettazione multidisciplinare dotato di capacità di ascolto e di interpretazione dei temi espressi dalle forze politiche, economiche e sociali esistenti in città.

Il contesto, ma anche le acquisizioni disciplinari, le attenzioni e le sensibilità ambientali, i modi di praticare la pianificazione urbanistica, come quelli di amministrare la città, nei quali viene predisposto il DPP sono estremamente diversi dalle condizioni nelle quali è stato redatto il PRG. Dopo le visionarie (e a volte rivoluzionarie) fughe in avanti della disciplina urbanistica degli anni ’60-’70 potremmo definire quella attuale la stagione di un “nuovo realismo”. Nigro (1936- 2012) si è trovato più volte a sviluppare, aggiornare, revisionare, talvolta anche in contrapposizione, i Piani redatti da Quaroni (1911-1987) – e non solo a Bari ma anche a Matera (PRG 1999) ed a Ravenna (PRG 2003).

Nigro e il suo gruppo, si trovano di fronte ad un Nome e ad un Piano: Ludovico Quaroni (LQ) ed un ambizioso prodotto culturale e professionale che nel corso di oltre un decennio di elaborazione ha sviluppato e aggiornato il Piano di Calzabini e Piacentini del 1954. Il Piano di LQ per Bari nasce in un clima culturale di dibattito sui temi della città e del progetto urbano caratterizzato sia dalle teorie di Samonà (“L’Urbanistica e l’avvenire della città”, 1959), che dal ”L’Architettura della Città” di Aldo Rossi del 1966, cui si aggiunge nel 1967 “La Torre di Babele” dello stesso LQ contraddistinto dal titolo evocativo e dalla pregnante introduzione di Rossi.

LQ nel frontespizio del testo cita una frase di H. Miller: “Confusione è una parola inventata per indicare un ordine che non si capisce” usata come paradigma delle capacità dell’architetto di “mettere insieme cose distanti fra loro”. Il coevo Piano di Bari, accetta le sfide della società moderna (dicotomia fra forma e contenuto, fra necessità economiche e diritti civili/sociali, fra cultura del passato e futuro, fra realtà ed utopia, fra ordine e libertà, fra urbanistica ed architettura…) ed esprime la capacità quaroniana di sciogliere/risolvere problematiche contraddittorie. Con quali esiti?

A 40 anni di distanza, il monito di Rossi nell’introduzione al libro di LQ, risulta ancora attuale in quanto egli avvertiva che “da un lato vi è il disordine delle istituzioni e la perdita del significato comune nella confusione delle lingue e dall’altro l’interesse per un disegno più vasto, più complesso, persino contraddittorio e confuso, della realtà e della costruzione….e la Torre di Babele è l’allegoria di uno sforzo secolare dell’umanità per costruire la razionalità in tutti suoi aspetti”.

Il Piano di LQ ambisce alla ri-collocazione intercomunale della città capoluogo regionale, intende risolvere l’annoso problema del superamento del nodo ferroviario, attraverso una proposta “organica“, ma inattuata, dello spostamento a Ovest della Stazione, rafforza il rapporto fra città e campagna attraverso lo sviluppo di un’imponente rete infrastrutturale, un macro-ordine formale sovrapposto alle forme esistenti del territorio, e ne definisce il nuovo ruolo/luogo produttivo attraverso la realizzazione dell’estesa area ASI.

La città moderna va progettata in continuità con la storia come “sviluppo ultimo di una città che già ha un suo passato”. La città moderna è composta da una trama non omogenea, formata di diverse città stratificate, accostate, ma inseparabili, (a Bari, la città dentro e fuori della ferrovia) ed è popolata da “collettività” e da “individui”.

Nel Piano di Bari, LQ assume un modello morfologico estratto da un’osservazione formale di importanti “segni” territoriali regionali (espresso essenzialmente nel disegno delle infrastrutture e nel ridisegno inattuato del waterfront), perchè “come nella biologia e nella cristallografia” fornisce un’idea di forma all’interno della quale le varie parti della città si possono costruire con delle precise regole formali.

Scrive LQ: “è opportuno considerare la necessità di organizzare, durante la formulazione del Piano, la forma architettonica della città anche al di fuori e al di sopra della forma intrinseca che assumerà, in se stessa, la singola “parte” o unità formante l’insieme urbano. Il Piano dovrà cioè, sull’opportuna sensibilizzazione al paesaggio ed alle sue vocazioni, studiare un disegno di insieme che “leghi” le varie parti fra loro proprio per lasciar loro il massimo dell’autonomia interna di disegno”.

LQ ha lasciato un Piano per Bari ispirato a grandi speranze di sviluppo sociale ed economico, dimensionato su un’aspettativa di crescita demografica inattuata ed attraversato da una vena utopica, che di fronte allo stato attuale delle problematiche urbane, sociali ed economiche, di fronte ad un’aggiornata sostenibilità ambientale per il paesaggio e di fonte alla sostenibilità tecnica per il rispetto del contesto idro-morfologico, sarebbe troppo facile definire inadeguato. Ed in merito alle premesse di controllo formale dell’espansione urbana ovvero della auspicata “armonia” della città e della promessa “qualità urbana”, sarebbe altrettanto facile cogliere la distanza fra le intenzioni del progettista e le difficoltà di realizzazione del “forma Piano” (in corso di approvazione in CC esso subì più di un centinaio di modifiche).

Nel 2008, alla partenza del lavoro del DPP, di fronte al bilancio dell’attuazione del PRG quaroniano, Gianluigi Nigro si esprime così: «Il piano Quaroni aveva una visione di grandissimo respiro, che però puntava molto sulla risoluzione della barriera della ferrovia. Proprio per questo non ha potuto attuarsi appieno. Ci sono alcune indicazioni fondamentali sugli assi di sviluppo che secondo noi vanno mantenute. Il tema molto importante che però ai tempi di Quaroni era sottovalutato, non certo per un suo demerito ma per una sorta di generale disattenzione al problema, è il sistema ambientale e paesaggistico. Siamo perciò partiti dall’idea generale che l’insediamento umano debba essere garantito nella qualità ecologica».